Pages

Moved

Mi sono trasferita da Philadelphia a NY, e così questo blog. http://allvelvetmornings.tumblr.com/ Prima o poi lo recupero questo blog, dato che c'è domanda per consigli su come emigrare negli U.S.A.



Share/Bookmark

tOUCH rugby

La stagione delle Wharton Wildebeest è ricominciata.

E sì, quelli sono dei bisonti colorati, per restare in tema.



Share/Bookmark

Rapido aggiornamento sulla sottoscritta

Un po' di gente mi scrive dall'Italia: "dove sei? Cosa fai? Ma insomma non si capisce niente!"

Riassumo in breve:

  1. Ho passato l'estate metà a NY (a lavorare per loro) e metà a Philly (a lavorare per loro)
  2. Ora sono fissa a Philly a studiare qui
  3. Sì, ho passato lo scritto dell'esame di avvocato ma non so ancora quando si degneranno di chiamarmi per l'orale. In ogni caso è l'ultimo dei miei problemi dato che ho deciso di non fare l'avvocato. (E allora qualcuno potrebbe domandarsi: "perché hai dato l'esame se non vuoi fare l'avvocato?" e risponderò a questa domanda molto presto perché è una storia interessante)






Share/Bookmark

Vivere nel LES - il rovescio della medaglia

LES negli anni '80: gli hipster primitivi usavano i pitbull per difendersi dai ratti
Il Lower East Side è uno dei quartieri più sporchi e vecchi di Manhattan. Chinatown e il suo stile di vita creano un substrato di immondizie a cielo aperto che la metropoli per eccellenza del primo mondo non dovrebbe avere. New York è, in generale, infestata da scarafaggi e ratti. Non è un mistero. Basta andare su Rat Information Portal per avere i numeri alla mano. È disponibile una mappa interattiva dove puoi monitorare la situazione con un livello di dettaglio spaventoso, prima e dopo l'annuale disinfestazione (in alcuni quartieri, tra cui LES, la disinfestazione viene effettuata ogni mese).

Questa la situazione nel LES a maggio 2010:



Giallo: passata ispezione
Arancione: segnali di ratti

Nella seconda ispezione la situazione migliora ma il problema è tutt'altro che debellato:

Confesso che, per quanto ammiri l'informatizzazione della città di New York, non voglio convivere con un topo. Certo, avere come vicini  i buddisti hipsters che si rifiutano di mettere le trappole perché "contrari alla violenza sugli animali" non aiuta. 




Share/Bookmark

Vivere nel Lower East Side

Era un po' che uscendo dall'appartamento di Canal Street, affittato a prezzo indecente per l'estate, vedevo dei tizi vestiti da geometri - ovvero con jeans, camicia col taschino laterale, cappellino, fogli e matite e quel buffo treppiedi giallo che si usa per misurare i muri e lo spazio tra quelli.

Quel giorno, uno dei geometri mi ferma e mi chiede molto gentilmente dove abito, chiedendomi in dettaglio la posizione delle finestre. Per superare la mia diffidenza, mi spiega che detiene regolare mandato dal proprietario del block (ebbene sì, a NY non solo molti palazzi, ma interi isolati appartengono ad una sola persona, normalmente una società) per misurare dettagliatamente tutta la sua proprietà, dato che i registri sono lacunosi, e che caso vuole che il palazzo affianco al mio è un teatro degli anni '20, in abbandono da un decennio, il cui muro occidentale è misurabile solo mediante accesso ad una specie di terrazza sotto la mia finestra. Tralasciando ulteriori interessantissimi dettagli ed interrogativi (tra i quali: "come è possibile che un pezzo di real estate che vale milioni di dollari non sia stato finora misurato?" e "ora si misura perché si vuole vendere?"), ho googlato questo teatro, noto come Lowe's. Questa è la sua storia.


  • Apre nel 1927 in un quartiere che è, senza mezzi termini, la feccia di New York. Vicino al porto, è abitato da immigrati proletari (soprattutto ebrei askenaziti e italiani) che vivono ammassati (i documenti parlano di oltre sette famiglie in palazzine fatiscenti di max 3 piani) in tenements
  • È di certo imponente, nonostante la piccola facciata: 2300 persone e un organo Wurlizer.
  • Fino al 1957, sarà gestito dalla compagnia Lowe's Theatres, che all'inizio lo usa come cinema muto (con classico accompagnamento di pianoforte dal vivo), poi cinema "normale"


  • Poi, il declino. Qualche ottuagenario ne ricorda i fasti, ma il posto diventa un sordido B-movie cinema, e viene acquistato dalla famiglia Sung, banchieri cinesi che nel frattempo hanno colonizzato la parte sud-est del Lower East Side e maggior parte di Little Italy, creando il quartiere oggi noto come Chinatown. Negli anni '90, il posto viene affittato and un hardware store gestito da cinesi che lo usa come magazzino, fin quando persino l'hardware store chiude.
  • Il teatro, nonostante l'abbandono, mantiene buona parte delle decorazioni originali in terracotta stile "barocco spagnolo" e forse anche qualche tappezzeria.
  • L'indirizzo esatto è 31 Canal Street, ma il lato di Ludlow Street è nettamente più ampio ed è divenuto oggetto di c.d. arte urbana o murales.
  • Infine, scopro perché i miei amici geometri lo misurano: pare che lo si voglia trasformare un un centro culturale per le arti cinesi. Da questo momento in poi diventa una storia di soldi e di brodetti immobiliari all'americana, a cui spero di dedicare un altro post in futuro, quando emergeranno altri succulenti gossips. Per ora, chiudo con lo scan dell'intera planimetria del teatro e questo fantastico slideshow.







Share/Bookmark

Momento merrittiano a.k.a. "Sai che sei nel L.E.S. quando..."

Sai che sei nel Lower East Side quando:

  • nessun negozio è più largo di 40 metri quadrati
  • nessuno parla la stessa lingua, nessuno sembra neanche della stessa razza in effetti
  • c'è sempre qualcuno all'angolo della strada
  • un caffè costa 1.50
  • dalle macchine ferme agli incroci proviene a volume assurdo "Wish You Were Here" dei Pink Floyd ma anche un qualcosa di Marc Anthony (salsa-star dei latinos)
  • trovi nei bar decorazioni come quella da me immortalata qui sopra (sorry per la qualità)

Chiudo con canzone-simbolo (nella mia testa)





Share/Bookmark

Momento gaddiano a.k.a. "sai che sei a Roma quando..."

Aspettando l'autobus, tra le macchine parcheggiate sulla fermata, ovviamente. C'è un omone, sulla settantina, capelli bianchi e faccia rossa, che chiede spiccioli agli astanti. Si avvicina anche a me, con la mano destra semi-protesa, e mi propone il classico "checcellà n'euro?". Io faccio spallucce con un educato "mi dispiace".
L'uomo ha gli occhi azzurro intenso, mi guarda fisso per alcuni secondi, troppi, al punto che mi viene il dubbio se mi veda o meno, o che sia affetto da manìe di persecuzione; poi allunga il braccio e mi dà un prolungato pizzicotto sulla guancia: "bbella de casa", mi fa, bonario. Poi se ne va da un'altra signora, come se niente fosse: "Checc'ha n'euro? Ah no scusi a lei jel'ho già chiesto..."

Come dicono gli americani: "you made my day".



Share/Bookmark