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Please Starbucks learn Italian before using it


Senza parole



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In hoc signo vinces


E no, non mi riferisco all'imminente Hogfest (il primo torneo della stagione, contro gli odiatissimi newyorkers di Columbia) , ma al flip cup tournament di domani sera contro i maschietti.

Cito il nostro capitano, Julia "I used to play tackle" Chen Davidson, grande trascinatrice di folle:
WHEN: Friday, Sept 25 @ 9-11pm
WHERE: Rosie's @ 23rd & Walnut
WHY: Because you're a rugby player now, and rugby players drink beer!




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Un'insolita madeleine


Mia madre dice che sono incostante. Ne comincio mille, e non ne finisco mai nessuna. In particolare, gli sport.
Lo sport di quest'anno è il touch rugby.
E' il rugby per femminucce, letteralmente. Non si placca, ma si tocca e basta. E ci sono un sacco di regole in meno (niente calci, ecc.).
Si corre un casino, infatti sono abbastanza scarsa.

Qui a Wharton la squadra di rugby si chama Wharton Wildebeests. Gli Gnu di Wharton. Non potevo non joinare. E quindi mi sono fatta spedire i cleats dall'italia. Gli scarpini coi tacchetti, per giocare sull'erba. Li comprai anni fa, in Inghilterra, quando ebbi l'idea geniale di cominciare a giocare a calcio. Ovviamente, come da teorema materno, durò 9 mesi, e gli scarpini finirono in una scatola nel garage di mia zia.

Oggi li ho presi, per andare all'allenamento. Stavo per metterli, quando mi sono accorta che dentro c'era dell'erba. Un ciuffetto di erba secca e giallina. L'ho preso tra le dita, l'ho guardato bene, e ho realizzato che era erba inglese. Top quality: Invecchiata quattro anni. E ho pensato a come ero quando calpestai quell'erba, a come sono adesso, e ai quattro anni in mezzo. Ho pensato a tutto quello che era successo mentre l'erba era lì, a seccarsi lentamente dentro i miei scarpini, ultima traccia di un tempo che non tornerà più. Pensavo fosse un pensiero leggero e piacevole, come quando si ricordano i vecchi tempi con gli amici, invece era un fiume di cose, sensazioni, persone che mi colpiva frontalmente, come un fascio di luce abbagliante, fino a farmi distogliere lo sguardo.

Un pizzichino tra indice, medio e pollice, e via l'erbetta. Per le prossime due ore della mia vita devo pensare solo a correre dietro ad una palla ovale, sopra l'erba verdissima della ridente Pennsylvania.

(Proust l'avrebbe saputo dire meglio.)



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La bicicletta come religione

Pensando che Philly fosse piatta (povera illusa), ho comprato una bicicletta usata. E' pesantina, senza marce e un po' cigolante, ma i freni sono in buone condizioni:



L'ho chiamata Alabama, perché il manubrione mi ricorda una Harley Davidson stile southern. Bob mi ha anche costretto a comprare un caschetto (rigorosamente in tinta), che insieme al lucchetto mi è costato più dela bicicletta stessa. Non è il caschetto che costa tanto, è la bici che è costata poco (meno di 50 euro). L'ho presa presso una fantastica cooperativa/non-profit nota come "la chiesa della bicicletta":




Si chiama Bike Church perché il laboratorio è nella cantina di una parrocchia. E' un'associazione di volontari che rimette a posto biciclette usate, aiuta le persone a riparare le proprie bici, organizza lezioni di riparazione di biciclette. La cosa che mi ha particolarmente colpito è che la sessione del martedì sera è riservata esclusivamente a "women and trans".

Qui a Philly un sacco di gente gira in bicicletta. Domenica scorsa ho fatto volunteering per una manifestazione che si chiama "Bike Philly Ride", una specie di maratona in bicicletta in giro per la città.
3000 persone.


E' qui che ho scoperto l'esistenza di questi fantastici trabiccoli:


Si chiamano "bents", abbreviazione di "recumbents", e sono particolarmente adatti per chi a problemi di schiena. Comunque sia, alla bike philly ride era pieno di vecchietti aggressivissimi sulle loro bents.






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Buono a sapersi


  1. Oggi è la festa dell'indipendenza del Cile. In Cile, la paola "Cile" si pronuncia "tchile" e non "chile" e "aspettare un bambino" si dice "esperando uaua". Tutto grazie agli amici cileni che mi invitano ai loro barbeque!

  2. Per gli abitanti del medioriente, l'esigenza di trovare un compagno/a per la vita non è tabù, anzi, è normale argomento di conversazione. Quindi se un giorno una ragazza mediorientale vi dice "sto cercando un marito cattolico" non vuol dire necessariamente che è dispertamente sola.

  3. (Segue) Forse qualcuno, come me all'epoca, si sta chiedendo perché il marito lo vuoi proprio "cattolico"? Perché deve essere così essenziale? Non basterebbe "nu brav ragazz"? Beh, pare che in posti come il Libano la gente è talmente separata in base alla religione che non è possibile culturalmente essere laici. Sposare una persona della stessa religione è un must, che tua sia cattolico, ortodosso, musulmano, o ebreo. Se dici una frase come quella al punto 2 in Italia, sei bollato come cattolico integralista e pure disperato.




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Cultural Shock #2


Qui c'è il clima continentale, cioè non esistono le mezze stagioni, davvero.
Ieri è arrivato l'autunno. Cioè l'inverno. Ora anziché uscire in maglietta portandomi il maglioncino perché dentro la biblioteca, come ovunque, tengono l'aria condizionata a manetta, devo uscire in felpa e giacca a vento. Piove, tira vento.
E loro sono ancora con quei cazzo di flip-flops. Le infradito. Io sono italiana, le infradito di plastica le uso solo per la piscina e per la spiaggia. Qui non se le tolgono manco se piove e fa freddo, e mi costringono a subire lo stomachevole spettacolo dei loro piedoni neri dall'asfalto.

Speriamo che nevichi presto.




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Cultural shock #1




In USA è estremamente difficile trovare un quaderno a quadretti, di qualsiasi dimensione.

Pare che quei poveri bambini siano costretti a fare i compiti di geometria sui quaderni a righe.



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9/9/9



Paolo mi fa notare che, rigirato, è un preoccupante triplo sei (che scrivo a parole per scaramanzia).
Ho sempre ritenuto il 9 un numero fortunato (il mio onomastico cade il 9 e in quanto =3x3 è ritenuto triplamente fortunato nella tradizione occidentale europea) ma oggi è stato un giorno disgraziato. Ecco la sua storia.

5 giorni fa ho segnalato un guasto nel mio appartamento al management del condominio (una cazzatina, ma tant'è). Nessuno si fa vivo. Sto meditando di andare a rompere i coglioni dal vivo, ma alle ore 8:30am, un attimo dopo che ho messo a tacere la mia sveglia per stringermi teneramente al cuscino, eccoli che chiamano.
9/9/9.
(mia voce impastatissima): "Hello?"
"Sono Brian della manutenzione. E' il 701?"
"Ehmmm... No...?"
"..."
"Ah un momento! Intendi appartamento 701?"
"Sì"
"Allora sì, sono io" (ricollego)
"Quando posso venire?"
"Oggi?"
"Ok quando?"
"Vabbè vieni tra mezz'ora" (che così intanto mi vesto e accendo il cervello).

Brian è un tipo simpatico, ignora con nonchalance la mia faccia da zombie e pesca dal mio lavandino un sasso, 2 noccioli di un frutto indeterminato, una specie di fungo rinsecchito e varie bucce d'aglio. Mi spiega che nel "garbage disposal" ci posso mettere solo "pasta" e "greenish soft stuff" altrimenti le lame si piantano.
Grazie Brian, ma tu non sai che non appena sei uscito si è otturato il mio cesso.

9/9/9.

I cessi americani sono obsoleti. Non conoscono lo sciaquone a scomparsa, hanno un buco piccolissimo e devono riempire la tazza di acqua fino a metà ogni volta che scarichi. Bella forza che basta un lauto pasto per intasarli. Ad ogni modo, sono nella merda, letteralmente.
Mi viene un'idea: ho dei vestiti da ritirare in lavanderia. Ma ovviamente non trovo più il bigliettino per il ritiro.

9/9/9.

Impreco, e vado lo stesso dalla cinese dietro l'angolo. Il bigliettino non serve per forza, ma le devo dire il cognome. Ora, se gli americani non riescono a pronunciare il mio cognome perché è troppo lungo e ha troppe vocali, i cinesi non riescono neanche a scriverlo. Finisce che glielo digito io sul computer. Mi dà la mia roba, io mi precipito a casa, smonto l'appendiabiti di fil di ferro della lavanderia e vi lascio immaginare il resto.
Ci riesco.

Sono in ritardo di un'ora sulla mia tabella di marcia. Non è un dramma. E' il mio ritardo standard.

Scendo in garage dalla mia amata Alabama, la slego, le monto il campanello nuovo di zecca, metto il caschetto. Ma faccio in tempo a mettermi in strada che inizia a piovere.

9/9/9.

Non ho niente di impermeabile, fuori fa freddino e non mi va né di bagnarmi né di rischiare la morte. Rimetto Alabama nella stalla e piglio due gettoni per il "trolley", ovvero l'ibrido lurido tram/metropolitana che sferraglia nel sottosuolo di Philadelphia. Il tempo di arrivare alla fermata, e ovviamente smette di piovere.

9/9/9.

Che altro può succedere? Niente, a parte che quando mi alzo dal tavolo della Van Pelt Library per pranzare con Cata, dimentico la mia Omas Emotica rossa fiammante con tanto di astuccino di pelle. Regalo di Bob per la laurea.

9/9/9.



Il 9 si riconferma un numero fortunato, perché la penna, dopo varie peripezie, l'ho ritrovata.(grazie onesti immigrati cinesi, non vi chiamerò mai più "gialdoni" ma solo "asiani")
O forse ora che sono in USA funzionano le loro superstizioni, e qui, come in sassonia, il numero sfortunato è 13. E' una cosa molto seria, questa del 13: in nessun palazzo o grattacielo esiste il tredicesimo piano. E' per Apollo 13? Le magiche origini dei numeri mi sono oscure.
Invece ho scoperto che per gli asiani il numero fortunato è l'8. Pare che l'anno scorso migliaia di mamme cinesi abbiano fatto salti mortali per partorire il loro piccolo l'8/8/8: ospedali strapieni, metodi discutibili per ritardare o accelerare la "due date".

Meno male che non sono superstiziosa.



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